| Era così. Erin non riusciva a girare per i corridoi della scuola senza sentirsi osservata. Non sapeva se per ciò che era stata, ciò che era diventata o le azioni sbagliate che aveva fatto. La osservavano, tutti quanti. Cercava di nascondere ogni indizio in ogni modo, ma si sentiva come se avesse stampato in fronte tutti i motivi per cui poteva essere diffamata. Si sentiva diversa. Avrebbe voluto tornare a Waterford, se non avesse saputo che lì sarebbe stato peggio. Ad Hogwarts aveva Finn, con cui, durante l'estate, aveva stretto i rapporti a causa dell'assenza di Daphne e del periodo di vaneggi cronici di Thierry. A scuola poteva essere la vecchia Erin, se stessa. A casa avrebbe dovuto fingere, fingere per farsi piacere da persone che disprezzava. Lezione di Trasfigurazione, quel giorno. Le lezioni di lord Wisdom erano solitamente fuori dal comune, ma in senso buono, non come quelle di quel pazzo di Serpeverde, di una stranezza piacevole. E così, dopo aver fatto ogni cosa per bene, come in quell'estate era diventata sua abitudine, dal riordinare al trovare ogni cosa fuori posto, un disturbo ossessivo-compulsivo che era sempre stato proprio della Caulfield, quella sua mania del controllo che si era accentuata in modo esponenziale, si diresse verso l'aula. Subito, la colpì il freddo familiare dell'aula. Tuttavia, Erin amava, il freddo. Quello pungente che c'era in inverno, che le congelava il naso e rendeva insensibili le ultime falangi. Anche quella lezione aveva tutti i presupposti per essere diversa dal solito: grandi sfere di luce illuminavano l'aula, luci di ogni colore diverso. Subito gli occhi chiari di Erin furono attratti da una sfera azzurrina, di un blu talmente chiaro da sembrare bianco. Tuttavia, notò che sui banchi vi era scritto il nome di ogni studente, e che sul banco sotto la sfera celeste non c'era il suo, di nome. Salutò il maestro con un cenno del capo, e cominciò a cercare il suo posto. Avrebbe voluto andare sotto una luce verde, che le ricordava così tanto la luce del bosco vicino al castello di Port Lairge, ma trovò il suo nome sotto un'altra sfera. Era rossa, lontanissima dal professore, e da tutti gli altri, ma quella era solo un'idea dell'irlandese, molto probabilmente. Sentì il respiro mozzarsi, come se quella palla infuocata la mettesse in soggezione. Credeva che ogni sua colpa potesse essere vista e studiata dagli altri. Portò di nuovo lo sguardo sulla luce azzurrina, mentre si sedeva, mentre veniva inghiottita dal porpora della sua sfera. La sentiva pulsare, le sembrava di essere sotto un cuore grondante di sangue, o sotto un fuoco pronto a bruciarla. Iniziò a rosicchiarsi le unghie, con quel gesto che aveva acquisito in quell'anno.
|