Il giovane mago si soffiò il naso col fazzoletto che gli avevo porto, sconsolato. Avrei dovuto aiutarlo, avrei dovuto rincuorarlo in qualche modo ma pensare a ciò che era avvenuto non molto prima dell'anno precedente alla mia venuta ad Hogwarts mi aveva annientata e, ciò che più mi stupì, fu il fatto che in quel giovane, per il momento, non avessi intenzione di cercare conforto. Avrei dovuto farcela da sola, come sempre.
Ero una Veggente non in grado di utilizzare i propri poteri che erano giunti nel momento meno opportuno e che mi avevano imposto un peso tanto gravoso sull'animo da indurmi a non dividerlo con alcuno, per farlo subire nella sua desolazione. Sarebbe stata una mia responsabilità, tanto quanto quella di cercare di porre a proprio agio quel ragazzo che, il mio cuore, continuava prepotentemente a suggerirmi come cautamente, sottilmente elegante, abbastanza da non lasciarsi abbandonare a tal modo alle emozioni.
Qualcosa, nella sua personalità, non mi tornava. Qualcosa, nel suo sguardo, mi invitava a non potermi confidare con lui come avrei voluto.
Ma lui aveva parlato di una vicenda sin troppo simile alla mia da lasciarmi indifferente. Mia madre aveva trovato la morte per mano d'un nobiluomo, d'un mago esattamente come lo sarei potuta essere io o Sir Noah. Quando l'avevo sentita salutarmi, baciarmi sulla fronte prima di raccogliere la propria borsa per recarsi a casa di Lady Clara, avrei dovuto fermarla, evitando così che tutto fosse precipitato come poi è avvenuto.
Per il villaggio, il suo cuore aveva ceduto alla morte della signora ma io, io sapevo perfettamente che non era stato quello a smettere di battere per propria volontà. Avevo stretto il suo libro fra le braccia, abbandonandomi al pianto solo quando mio padre si era addormentato, la sera in cui lei era morta, sfinito, stanco e, fortunatamente non in cerca di vendetta come lo ero stata io, capendo benissimo, ben presto, che però non avrei potuto nulla contro l'uomo, ben felice che mi fossi tolta davanti alla sua strada, andando ad Hogwarts.
Per questo ero costantemente in preoccupazione per mio padre lì, da solo, a Nairn. Lui era un ottimo spadaccino e tiratore con l'arco, tanto che, l'anno precedente, per il mio compleanno, me ne aveva regalato uno magnifico, con cui avevo iniziato ad esercitarmi nel più totale e silenzioso segreto. Se avessero saputo che una donna avesse avuto un'arma fra le mani, sarebbe stata la fine per la bottega di mio padre.
«So che non vi fidate di me. E' giusto che sia così. Vi chiedo solo una chance. A me non interessano le vostre origini, mi trovo bene a parlare con voi. E questo mi basta.» Mi spiegò il ragazzo, ancora con gli occhi azzurri acquosi a causa delle lacrime. Annuii dunque impercettibilmente, conscia del fatto che un nobiluomo Serpeverde, con una tenuta dalla foggia pressoché perfetta, non sarebbe mai potuto essere disinteressato alle mie ben più popolari origini. Era stata la tristezza a parlare per lui.
Il mio sguardo, come naturale che fosse, scivolò lentamente alla mano del giovane, chiusa a pugno, dove lui mostrava, con grazia, un anello rappresentante probabilmente un simbolo di famiglia.
«Penso che possa essere la pesantezza d'animo a parlare per voi, Messere. Quell'anello tradisce origini alle quali è impossibile prescindere le nostre differenze. Non ancora, perlomeno.» Gli mormorai, indicando con un gesto breve ma aggraziato il suo anello, pensando anche al fatto che, essendo un giovane Serpeverde, le cose non sarebbero mutate così facilmente. Ero mezzosangue, ero figlia di un fabbro ed ero una veggente tassorosso. Forse, l'unico pregio che avrebbe potuto riconoscermi, era la mia particolare ostinazione nel parlargli, null'altro.
O no?
Mi sentii quasi sprofondare, quando il giovane fece menzione d'un libro regalatogli da sua madre prima di morire.
Il libro.
Cercai ad ogni modo di evitare il suo sguardo, alzandomi dalla sedia su cui mi ero precedentemente posata per cercare di contenere l'inquietudine che aveva cominciato a riversarsi nel mio animo così copiosamente da non concedermi tregua. Non quella volta.
«C-che ne dite di sederci in un posto più tranquillo, così da poterci aprire e sfogarci l'un con l'altro? So che siamo sconosciuti, ma talvolta è proprio con chi non si conosce che ci si può aprire con più naturalezza, senza essere costretti a far troppo presente le etichette... Potremo essere solo noi stessi.» Mi chiese mentre portai una mano premuta al centro del petto, l'altra alle labbra, col cuore che aveva preso ad accelerare e sanguinare.
Non sarei stata sicura di potergli parlare davvero e, per quello, mi ritrovai ad annuire solo per poter cercare di sondare ulteriormente il suo animo, dato che in quel momento non sarei stata capace di fare altro. Mi sfiorò dunque il gomito in un tocco leggero mentre io non ero ancora intenzionata a guardarlo, non se avesse dovuto leggere tristezza e vulnerabilità nel mio sguardo. Non avrebbe potuto, non in quel momento. Ma lui si era avvicinato ancora, lasciando che posassi la schiena contro i dorsi dei libri dietro di me, accuratamente impilati, per rendere ancora possibile la distanza fra di noi.
«State per piangere, Lady...» Mormorò il nobiluomo dai capelli d'oro, ed il mio cuore, a quella constatazione, perse del tutto un battito. Non avrebbe dovuto vedermi a quel modo, non avrebbe dovuto avvicinarsi.
Negai ostinatamente col capo, col cuore in gola e lo stomaco del tutto annodato, con immagini talmente spiacevoli davanti agli occhi da accorgermi quasi marginalmente del tocco del ragazzo alla ricerca delle lacrime che non avrei mostrato a lui ed a nessuno, non in quella circostanza.
Non permettere che la tristezza si cibi di te, piccola mia. Aveva sempre detto mia madre. Mi ritrovai così a sgusciare più gentilmente possibile dal tocco del ragazzo, desiderosa solo di un abbraccio che non avrei mai più potuto avere, insofferente, con le lacrime che, in verità, avrebbero tanto voluto uscire.
«Sir Noah vi prego di perdonarmi, il mio... il mio animo non può sopportarlo.» Gli mormorai piano, riferendomi al fatto di dovermi aprire con qualcuno di sconosciuto e non, come sarebbe potuto sembrare, al suo tocco. «Se volete potremmo disquisire su qualsiasi altro argomento, la prego.» Aggiunsi, guardandolo solo, finalmente, in quel momento, nei suoi intensi occhi azzurri, a fargli capire quanto avrei preferito parlare d'altro.
Uscii lentamente dalla biblioteca, riagguantando il libro che avevo preso, prendendo un respiro profondo, seppure spezzato.