| Delirio, dolore, onta e vergogna. E poi il suo viso, così lontano nella nebbia del mio cuore. Così semplicemente dionisiaco.
Frammenti dell'anima di Draco erano sparsi ovunque nella candida e trasparente mente del giovane. Di colpo venne destato da un sonno profondo che persisteva da secoli, forse millenni, ma essendo inventata il tempo come convenzione, si potrebbe tranquillamente dire "da pochi minuti".
Il Serpeverde aveva sussultato, la muscolatura rilassata si era di colpo irrigidita, fatta tesa, il busto eretto e gli occhi sbarrati. Qualcosa l'aveva toccato, o meglio cinto.
Era incinto. E forse sarebbe stato più corretto dire "qualcuno". Avvertiva una presenza dietro di lui, intorno a lui, ovunque. In verità si rese presto conto che la maggior parte delle cose che avvertiva non erano altro che fantasmi nella sua mente. Non c'era niente intorno a lui, niente dietro, davanti, accanto. Eppure egli percepiva chiaramente la presenza di un altro individuo. Deglutì e sbatté le palpebre un paio di volte, per ricordarsi che era sia sveglio che vivo. Le iridi chiare lievemente appannate si spostarono nel vuoto, vagando alla ricerca di un soggetto su cui posarsi. Ed eccolo, lì, Barone Thomas Edwin Mowbray. Tirò un sospiro, certamente non di sollievo, e gli si avvicinò cautamente. -Barone Mowbray, il destino ci riunisce ancora. Immagino non siate qui per lucidare trofei.-
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