| Il corridoio del quinto piano, uno dei tanti corridoi del castello, si allungava per molti metri sdoppiandosi e perdendosi nei meandri dell'edificio, per poi ricongiungersi in un'unica via. Aule e ripostigli trovavano la loro collocazione lì, come decine, anzi, centiaia di finestre che gettavano dei lunghi sguardi sul parco di Hogwarts, sul lago e sulla foresta proibita. Lo conosceva a memoria, i passaggi più veloci, le aule, i quadri. No, gli era sembrato di conoscerlo, in un'altra vita, perchè adesso non era più capace di farlo. I quadri e le armature avano cambiato disposizione e sopratutto i primi non riusciva a riconoscerli: semplici e piatti, mancavano tutti i quadri rinascimentali con dame che suonavano arpe o salotti del Settecento abbelliti con strimpellanti clavicembali. Quadri medievali o di epoche ancora precedenti, nulla di più. E la cosa peggiore era che non li ricordasse, come se non li avesse mai visti. Era possibile che nei secoli fossero stati gettati via in un qualche deposito per lasciare spazio ad altri nuovi che erano invece quelli che ricordava? Questa possibilità, se non smentita, lo avrebbe fatto impazzire. Anzi, si sentiva già perso e confuso. La sua mente, da settimane, non faceva altro che pensare sempre alla stessa cosa: tornare a casa, trovare un modo per farlo... o per lo meno comunicare. E lui aveva pensato ai quadri, gli unici lì dentro che avrebbero potuto tramandare forse un messaggio a distanza di tempo... li avrebbe incantati per farlo se avesse avuto la certezza che qualcuno del suo tempo avesse potuto scovarli, ma adesso ciò sembrava impossibile. Non tornerò mai più a casa. E' finita. La positività e la speranza si affievolivano giorno per giorno, cambiandolo. Adesso fissava con occhi vacui un quadro rappresentante un paesaggio scozzese, ma non lo vedeva sul serio. Si chiedeva che senso avesse quel che era capitato, cosa ci si sarebbe aspettato da parte di tutti loro, da parte sua. Andare avanti con la rassegnazione nell'animo? O andare avanti con accettazione? O con rabbia. Ricordava di averla già provata in quel modo così asfissiante alla morte di suo padre: era finita e lui non sarebbe più tornato dai suoi cari. Ma adesso era diverso perchè non si trattava di dover accettare la morte, evento che presto o tardi sarebbe capitato a tutti e che in un modo o nell'altro può essere superato. Adesso quello sembrava un baratro e al diamine i fondatori, lo stesso Serpeverde e tutte le presunte bellezze di un'epoca così affascinante per la storia che avevano studiato in "Storia di Hogwarts". Non c'era nulla da cui trarre beneficio. Era finita. Lui stesso non sembrava esistere più come una volta, c'era qualcosa di diverso che alcune settimane prima lo aveva spinto a suggerire a Roxas Gadwyn il cancellamento della memoria come soluzione ai suoi drammi esistenziali da grifondoro incompreso. Anzi, aveva persino fatto cenni di un'altra eventuale estrema scelta... Xavier sbattè gli occhi una volta, un passo indietro, poi due. Diede le spalle al paesaggio, iniziò a camminare, ma a pochi metri si fermò, tornò a girarsi verso il ritratto, ma questa volta aveva la sua bacchetta in mano. Se la rigirò tra le dita per pochi attimi, ma poi la puntò in direzione della tela. Fu un movimento netto e veloce e la tela si squarciò in due parti, mentre la rabbia del Corvonero eplodeva in una sola formula. "Diffindo!" Quella tela distrutta non lo fece sentire meglio. Razionalmente non vi era un motivo per spiegare il perchè di tale gesto. Lo aveva fatto e basta, il resto non importava. Si voltò di nuovo, questa volta con l'intento di non tornare più indietro, percorse alcuni metri e solo allora alzando lo sguardo incrociò un'altra persona. Aveva visto? Cosa? E in caso importava davvero ciò che avrebbe potuto pensare? Presumibilmente... no. Non più.
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