- Deh, quantunque tu seguiti a favellar a guisa d'ebete al fin di far coccola alla mia persona: non ti defeco. -
Queste, le mie parole dopo che una studentessa sedicenne ha cominciato a riempirmi di sorrisi e sguardi apprensivi perché, purtroppo, o ispiro violenza o tenerezza. Non sopporto le persone che mi compatiscono, che credono che sia una Puffola Pigmea indifesa. Già sono abbastanza insicuro di mio, non ho bisogno della comprensione altrui. So cavarmela da solo, sono capace di trasformarmi in una persona veramente cattiva e senza cuore, devo solo prendere coraggio e comprare un po' d'autostima, oltre che dei calzoni nuovi. Davvero, sono così padrone di me stesso che, talvolta, riesco a dipingere sul mio volto una maschera d'impenetrabilità e durezza. Ci sto ancora lavorando, ma credo che presto
Charlie si evolverà definitivamente in
Charles, così tutti mi rispetteranno.
(
Ovviamente non è vero. Sono contento quando qualcuno si preoccupa per me, mi fa sentire speciale. Mi basta un sorriso, una parola gentile e la mia giornata si rallegra. Chiunque può farmi uscire dal cunicolo buio e cieco della
solitudine. Quella ragazza è stata davvero gentile con me. La prossima volta che la incontrerò la saluterò con un sorriso. Anzi, no: non voglio prendere in giro nessuno. Non riuscirò neanche a sostenere il suo sguardo, questo è quanto. Dunque, no. Ho risposto in quel modo antipatico, questo è innegabile, ma la motivazione che mi ha spinto ad allontanarmi dalla studentessa è un'altra).
Ho un impellente bisogno di andare al bagno.
Esco dalla biblioteca abbandonando un libro di Lucrezio sul bancone, cominciando a correre come uno Gnomo da giardino. Salgo le scale, poi scendo, entro in una stanza sbagliata, attraverso un corridoio improbabile, saluto un fantasma, faccio dietrofront, risalgo, poi scendo, mi accorgo che alle scale piace cambiare, non cambio, inciampo su una Gelatina, comincio a pensare a qualcosa per distrarmi dall'imminente bisogno fisiologico, non ci riesco, impreco contro Merlino, strabuzzo gli occhi, salgo, riscendo, giro a destra, faccio un salto, casca un'armatura, starnutisco, imbocco un corridoio e raggiungo un bagno.
Entro in un cubicolo senza preoccuparmi di chiudere la porta. D'altronde non c'è nessuno, no? Allento la cintura attorno alla vita e slaccio le brache, finalmente in procinto di liberarmi da questo bisogno impellente.
Una gocciolina di sudore ansiogeno scende dalla mia tempia, ho corso così tanto che nel giro di qualche minuto potrebbe venirmi una crisi asmatica.
Sono ben lungi dall'accorgermi di essere entrato nel bagno
femminile.